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Sbiancamento dei denti: come sono cambiate le tecniche, dall’antichità a oggi

  • Articolo pubblicato:9 Ottobre 2020
  • Categoria dell'articolo:Articoli
  • Ultima modifica dell'articolo:9 Ottobre 2020
  • Tempo di lettura:5 minuti di lettura

Il desiderio di avere denti bianchi e scintillanti non è fenomeno di tendenza che appartiene solo al nostro secolo. In realtà, lo sbiancamento dei denti è una pratica che si eseguiva già nell’antichità.

Sbiancamento dei denti: la storia

Per migliaia di anni le persone hanno fatto di tutto per mantenere i loro denti bianchi e perlacei. Ancora oggi, lo sbiancamento dei denti è una procedura molto richiesta dai pazienti di tutto il mondo;  infatti, i denti bianchi sono visivamente più belli e dall’aspetto più sano. Oggi i metodi professionali proposti dagli studi dentistici sono molto efficaci e sicuri, mentre alcuni dei primi metodi di sbiancamento erano, per gli standard odierni, primitivi e persino pericolosi.

I denti bianchi nel passato

Non è un segreto che gli antichi egizi attribuissero molta importanza alla bellezza. Sia le donne che gli uomini si truccavano, per migliorare il loro aspetto, ma il make up non era l’unica cosa che gli egizi usavano per esaltare la loro bellezza.  Anche lo sbiancamento dei denti era una pratica comune tra le persone di alto rango. Avere i denti bianchi era uno dei tanti modi per dimostrare la  propria ricchezza e il proprio stato sociale. Gli egiziani, per sbiancare i denti, applicavano una miscela di pomice macinata e aceto bianco, strofinando l’estremità di un bastoncino di legno sfilacciato sulla dentatura. Circa tremila anni fa, anche gli antichi romani erano soliti sbiancare i loro denti. La sostanza magica utilizzata da questi ultimi era l’urina umana, che riusciva a schiarire i denti grazie all’ammoniaca in essa contenuta. In oriente nella medicina ayurvedica per sbiancare i denti si facevano sciacqui quotidiani con olio di cocco o olio di semi, (la tecnica dell’oil pulling, aveva anche un’azione carioprotettiva) o, in alternativa, si masticava radice di araak. Nel medioevo si usava strofinare sui denti la salvia o la buccia di limone.

Lo sbiancamento dentale dal XVII secolo

E’ nel XVII secolo che vi furono alcuni progressi nelle tecniche dello sbiancamento dentale. All’epoca i barbieri non solo tagliavano i capelli ma svolgevano anche la “professione di dentista”. Senza una formazione medica formale, questi ultimi trattavano alcuni problemi dentali, così come lo sbiancamento. Il metodo utilizzato dai barbieri era il seguente: usavano una lima di metallo per raschiare la superficie dei denti del cliente, per poi applicare l’ acido nitrico. Sebbene questa procedura riusciva effettivamente a rendere i denti più chiari, ovviamente  qualsiasi dentista odierno vi dirà che tale azione abrasiva rovina i denti e accelera il processo delle carie. Fino al diciannovesimo secolo, poi,  non ci furono importanti passi in avanti nello sviluppo di nuovi metodi per lo sbiancamento dentale.

La svolta nei primi anni del Novecento

Nei primi anni del Novecento, i dentisti dell’epoca scoprirono che il perossido di idrogeno non solo era efficace nel trattamento delle malattie gengivali, ma che era anche uno sbiancante per i denti. Dopo successive sperimentazioni, nel 1918 i dentisti scoprirono anche che l’esposizione a una lampada riscaldata accelerava il processo di sbiancamento. Negli anni Sessanta, poi, si scoprì che l’azione prolungata del perossido di idrogeno rendeva i denti sempre più bianchi e poi è dal 1989 che si introdussero  le prime procedure di sbiancamento dei denti simili a quelle che conosciamo oggi.

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